Tuesday 2 August 2011

La verità nella rete. Difficile da pescare.

Bertolt Brecht pubblicò nel 1939 un articolo dal titolo «Cinque difficoltà per chi scrive la verità». La prima difficoltà, sostiene Brecht, è «il coraggio di scrivere la verità». La seconda difficoltà è «l’accortezza di riconoscere la verità». La terza è «l’arte di maneggiare la verità come un’arma». La quarta è «il sapere scegliere coloro nelle cui mani la verità diventa efficace». E, infine, la quinta difficoltà è «l’astuzia di divulgare la verità ai molti». L’articolo fu pubblicato su un giornale in lingua tedesca che usciva a Parigi quando le armate di Hitler avevano già aggredito la Polonia e la Seconda guerra mondiale era appena iniziata. Di conseguenza Brecht scrisse il suo articolo in un momento in cui la bugia aveva il monopolio nella comunicazione pubblica, alla radio e sui giornali di molti stati, mentre venivano innalzate altissime mura che la verità avrebbe dovuto scavalcare per giungere nelle mani di coloro in grado di utilizzarla efficacemente.


Di sicuro, ai nostri giorni, non ci vuole più un coraggio particolare per scrivere la verità, come lamentava Brecht nella prima difficoltà. E allo stesso modo non vale più la quinta difficoltà. Oggi la diffusione della verità è talmente semplice che, in ogni modo, si diffonde ai molti, almeno all’interno dell’Europa.

D’altro canto, però, la seconda difficoltà, è diventata molto più complicata. Al tempo di Brecht, la realtà era facilmente riconoscibile con la sua ferocia. Da un lato le forze del male, cioè del totalitarismo, dall’altro quelle del bene, ossia della libertà, e tra di loro il campo di battaglia. Non c’era bisogno di conoscenze particolari per riconoscere la verità. Oggi, la messe di informazioni che il cittadino medio riceve dalla televisione, la radio, la stampa e da Internet è talmente abbondante che riconoscere la verità richiede davvero una competenza particolare. Quel che non c’era al tempo di Brecht e che invece domina il nostro tempo è l’onnipotenza dell’immagine. Il cittadino medio ogni giorno subisce un diluvio di immagini che provengono dalla televisione e dalla rete che finisce spesso per identificare la verità con l’immagine. Dalla frase di Marshall McLuhan «Il mezzo è il messaggio», siamo passati a una nuova fase: «L’immagine è la verità». La parola stampata non favorisce solo la conoscenza o l’informazione, aiuta in particolar modo il giudizio.

Il lettore di un giornale assume un atteggiamento attivo che scaturisce dal mezzo stesso, che lo costringe a mettere in funzione la sua capacità di giudizio, per scoprire qual è la verità. Invece, l’immagine impone di solito allo spettatore un atteggiamento passivo che lo induce ad accogliere la sua verità. Questo non significa, ovviamente, che l’immagine sia sempre menzognera. Di solito, però, si limita a dire una mezza verità. E le mezze verità preludono alle mezze bugie.

L’immagine televisiva ci ha abituato, d’altro canto, all’effimero e al fugace. La verità dell’immagine, mezza o intera che sia, è momentanea. Vale finché non viene sostituita dalla successiva immagine emozionante e poi viene cancellata come se non fosse mai esistita. Le verità che durano, quelle che costituiscono i valori stabili della vita, sono state abolite. L’immagine, per poterti trascinare, deve mutare di continuo. E, così accade anche alla sua verità. L’immagine televisiva è sincera solo quando fornisce immagini di catastrofi. L’esempio più recente è quello di Fukushima.

Nel caso di Fukushima, le mezze verità e le mezze bugie hanno un passato antico, che risale alla tragedia corrispondente di Chernobyl. Da allora una mezza verità e una colossale menzogna vengono sistematicamente messe in circolazione delle aziende che producono energia nucleare. La prima è il basso costo dell’energia nucleare. È una mezza verità che, intenzionalmente, non considera il costo elevatissimo di una catastrofe che è implicito nella produzione. La colossale bugia è che le centrali nucleari, dalla tragedia di Chernobyl a oggi, abbiano perfezionato i loro sistemi di sicurezza. La tragedia di Fukushima ci ha rivelato non solo che non li hanno perfezionati, ma che al contrario la manutenzione anche dei sistemi che già esistevano è stata sacrificata in nome del contenimento dei costi.

Se, ai nostri giorni, esiste una verità che non è mezza, ma intera è quella che proviene dai documenti pubblicati da Wikileaks. Non è affatto casuale che queste pubblicazioni abbiano messo sottosopra politici e governi in tutto il mondo. Perché la verità di quei documenti non solo non può essere messa in dubbio, ma svela anche tutte le mezze, distorte verità che venivano diffuse (e continuano a venir diffuse) in tutti questi anni dai politici e dai media.

E, visto che abbiamo parlato di Wikileaks arriviamo a Internet. Jared Cohen e il presidente di Google Eric Schmidt, in un articolo pubblicato nel numero di novembre/dicembre 2010 di Foreign Affairs sostengono la teoria per cui la forza sempre crescente di Internet scaturisce dal rapporto dei molti con i molti, contrapposto al rapporto dell’uno verso i molti che caratterizza la televisione, e che a questo si deve la diffusione dinamica e la capacità di movimentare grandi masse che dimostrano Facebook e Twitter rispetto alla televisione.

L’esempio più recente che molti fanno è quello del ruolo di catalizzatore che hanno avuto Facebook e Twitter nelle rivolte in Tunisia e Algeria.

Ma questa teoria viene messa in dubbio con argomenti molto convincenti dal professore di diritto Tim Wu nel suo libro The Master Switch. Wu porta come esempio la libertà che ha caratterizzato le radio libere negli Stati Uniti tra il 1912 e il 1920. Dieci anni dopo, tuttavia, la Radio Corporation of America (RCA), nel suo intento di controllare tutto lo spazio delle onde hertziane, pose limiti severi al loro utilizzo. Quel che la RCA è riuscita a raggiungere in un sistema di libero mercato, lo hanno poi copiato Stalin e Hitler per i loro oscuri fini. La radio, nella Germania nazista, è diventata una macchina di menzogne e di propaganda nelle mani di Goebbels.

No comments: